Gerbera gialla è un fiore per non dimenticare
per esprimere la forza dell’amore sull’odio e sulla violenza;
forza che non conosce resa, supera qualsiasi barriera
e vince anche la morte.
Adriana Musella
Lo scorso 17 gennaio, nell’ambito del Progetto Quadrifoglio promosso dalla Fondazione Angelo Frammartino in sinergia con gli Istituti scolastici di Monterotondo, gli studenti delle classi quinte dell’Istituto Angelo Frammartino hanno partecipato a un incontro con Adriana Musella, Presidente della Associazione Riferimenti – Coordinamento nazionale antimafia, sul tema «L’impegno di ognuno, perché nessuno sia stato sacrificato invano e il silenzio non uccida per la seconda volta».
L’incontro, inserito nel quadro di una serie di iniziative volte a favorire tra i giovani la riflessione sui temi della pace, della tutela dell’ambiente, della giustizia, della legalità democratica, ha avuto un toccante incipit con la proiezione di un filmato-documentario sulla tragica vicenda di Gennaro Musella, la cui vita e i cui sogni sono stati spezzati dalla criminalità organizzata il 3 maggio 1982. Dieci anni dopo, dalla volontà di non archiviare la memoria nasceva il simbolo della “Gerbera gialla”, fiore dedicato – nel ricordo di quella barbarie – a tutte le vittime delle mafie, vittime troppo spesso dimenticate dai tribunali e dalle coscienze, vittime cui viene negato il diritto alla giustizia, sconosciute alla pubblica opinione, vittime senza un nome e senza voce, ma ciascuna con la propria storia, alle cui morti si ha il dovere di dare un senso per non renderle vane.
La giornata della Gerbera in Calabria e quella del 23 maggio in Sicilia, che ricorda la strage di Capaci dove persero la vita il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca e gli agenti di scorta, Rocco Di Cillo, Antonio Montanaro e Vito Schifani, sono i pilastri di un ponte ideale che unisce le due regioni nel dramma di lutti istituzionali e comuni, ma anche in una volontà collettiva di rinascita.
Rievocando la storia di suo padre, Adriana Musella ha ripercorso il sofferto filo lungo il quale ha maturato la coraggiosa scelta di trarre dal dolore la forza per lottare contro la mafia, contro tutte le mafie, mantenendo vivo il ricordo delle vittime, perché «le Istituzioni ricordano i loro uomini, i grandi uomini, ma dimenticano troppo spesso i cittadini comuni. Spetta, allora, a noi familiari, tenerne viva la memoria e la dignità. […] Le tragedie e le loro conseguenze, è vero, sono parte del privato di ciascuna famiglia, ma […] certe morti appartengono alla società tutta».[1]
Una lotta che trae forza dalla convinzione che la cultura della legalità e la consapevolezza di una frontiera tracciata con chiarezza a separare il bianco dal nero costituiscono le imprescindibili condizioni affinché i giovani non abbiano ad accettare passivamente di vivere nell’area grigia dove le molteplici forme della criminalità mafiosa trovano spazio per insinuarsi nei gangli vitali del potere finanziario, politico e imprenditoriale.
Occorre maturare la chiara percezione che quanto accade intorno a noi ci riguarda in prima persona, affinché nessuno possa nascondersi nel pensiero che “il male non è affar suo” o cercare nell’idea che “ a quel male non c’è rimedio” l’alibi al proprio disimpegno. I giovani in modo particolare devono essere aiutati a coltivare la speranza e la volontà di rimuovere dal sistema ogni ingranaggio malato perché «la Legalità non si insegna, ma si costruisce giorno per giorno» e – come ha sottolineato Pasquale Galea, presidente della Fondazione Angelo Frammartino – «lungo questa via i giovani non devono mai sentirsi soli: l’Associazione Gerbera Gialla come la Fondazione Angelo Frammartino – nate dal comune intento di conferire continuità all’esempio di Gennaro e di Angelo, i quali hanno dedicato la propria vita agli ideali della Legalità e della Pace – operano nella convinzione che “qui ed ora” si creano le premesse sulle quali si deve fondare la società civile di domani».
Nella Sala convegni dell’Istituto Angelo Frammartino gli studenti – impegnati in questi mesi in un articolato lavoro di riflessione e di ricerca sui temi della legalità democratica – sono stati particolarmente colpiti dalle parole di Adriana Musella, dando voce al proprio coinvolgimento nell’ambito del dibattito che, sulla scia delle stimolanti osservazioni del dirigente scolastico – professoressa Giuliana Vazza – e della professoressa Francesca Rossi referente del Progetto Quadrifoglio – è stato avviato a conclusione dell’incontro.
Superato il primo imbarazzo e infranta la barriera di muta commozione che li aveva indotti ad un rispettoso e raccolto silenzio, le loro domande, dapprima timide e isolate poi più sciolte e incalzanti, hanno sollecitato chiarimenti, offrendo lo spunto per ulteriori interessanti approfondimenti in una dimensione di intensa e spontanea condivisione.
Una studentessa ha iniziato narrando come dopo una infanzia trascorsa in Sicilia – dove il pagamento di un pizzo in cambio della sicurezza per la propria famiglia e per la propria attività commerciale era considerato una “ordinaria consuetudine” – il trasferimento a Monterotondo, in una realtà differente, le abbia consentito di «vedere con “occhi diversi”, acquisendo una diversa consapevolezza, perché la conoscenza e la cultura sono le armi più potenti e, in quanto tali, anche le più temute, da chi nel proprio interesse vuole dominare gli altri».
Alla domanda di Adriana Musella «come si può, concretamente, combattere il male dilagante?», una giovane voce si è fatta via via più chiara a sottolineare il ruolo imprescindibile di un attento e costante controllo da parte dello Stato in quanto garante della Giustizia.
Le perplessità scaturite dalla considerazione che le mafie giungono ad affondare le proprie radici proprio negli organismi che dovrebbero essere preposti a combatterle ha dato avvio ad una riflessione sull’importanza di scegliere in modo consapevole le persone chiamate a rappresentare i cittadini negli organi istituzionali al fine di assicurare la legalità democratica e la giustizia in un orizzonte dal quale siano finalmente banditi i privilegi e le discriminazioni.
Con espressioni di grande sensibilità e di profonda empatia, le domande hanno poi sfiorato aspetti più “personali” in relazione alle scelte di Adriana Musella, toccando questioni complesse quali il coraggio e la paura per l’incolumità di sé e dei propri cari o la sofferenza di non poter conferire continuità ai sogni infranti e ai progetti ai quali suo padre si era dedicato con intensa passione.
Le voci degli studenti e dei loro insegnanti si sono intrecciate a lungo con quelle di Adriana Musella e dei membri del Comitato scientifico della Fondazione Angelo Frammartino, Mario Beccari – che ne è il direttore – e Umberto Saleri, a testimoniare la condivisione degli ideali che sottendono la Fondazione Angelo Frammartino, l’associazione Gerbera Gialla e gli Istituti scolastici nella attenzione ai giovani, la stessa attenzione che aveva caratterizzato il ruolo di papà premuroso incarnato da Gennaro Musella, come quello di fratello maggiore che Angelo Frammartino aveva scelto, per sé, nei confronti dei propri amici e compagni.
Una consonanza di valori che, a conclusione dell’incontro, ha trovato espressione nel manifesto che gli studenti hanno dedicato a Adriana Musella – sintesi delle riflessioni maturate all’interno del loro percorso di approfondimento sul tema della Legalità democratica – e nel simbolico dono di un mazzo di gerbere gialle – il cui stelo è forte come la tenacia che sostiene la lotta contro le mafie e il cui colore è solare come la speranza di un mondo migliore – offerto ad Adriana con la commovente delicatezza e con l’intensità di un grande abbraccio.
Monterotondo, 17 gennaio 2015
[1] Salvatore Ulisse di Palma, Vittima di mafia, nome comune di persona, Luigi Pellegrini Editore, Cosenza, 2012, p. 39.