Anche nell’estate più piovosa … i sette colori della Pace.
Il Campo estivo 2014 promosso dalla Sezione milanese della Fondazione Angelo Frammartino
«Andiamo anche noi in un’alba d’estate per i sentieri del bosco; sia discreto il nostro abbigliamento e silenzioso il passo, cercando di evitare sassi mobili e rami secchi. Fermiamoci ad ascoltare e ci sarà molto da scoprire: un fruscio, un batter d’ali, il sottile richiamo del piccolo capriolo […] Non si è mai soli nei nostri boschi che hanno mille occhi e mille orecchie».
Mario Rigoni Stern, Stagioni
Il Campo estivo dedicato ai bambini è ormai una tradizione della Sezione milanese della Fondazione Angelo Frammartino: iniziato nel 2008 con due settimane di attività ludico ricreative dedicate ai piccoli rom delle comunità macedoni e kosovare di via Novara, ha assunto nel tempo molteplici forme, dal viaggio che nell’estate 2009 ha portato quegli stessi bambini a percorrere il filo ideale che unisce i tre poli della Fondazione – Milano, Monterotondo e Caulonia – alle settimane trascorse dal 2010 in poi girovagando insieme per laghi, monti e fiumi della Lombardia, fino a spingerci in Liguria, a Verona e a Venezia.
Ogni anno una esperienza coinvolgente di condivisione che, attraverso la scoperta della natura e dei luoghi d’arte – grazie alle risorse che annualmente giungono alla Fondazione con i contributi derivanti dal 5 x mille – ci consente di regalare la gioia di stare serenamente con gli altri a chi troppo spesso vive la dimensione della emarginazione.
Quest’anno abbiamo voluto dedicare il Campo estivo ai piccoli amici che abitano a Quarto Oggiaro, dove da alcuni anni la Sezione milanese della Fondazione ha la propria sede.
Si tratta di un quartiere della periferia nord ovest di Milano nel quale le criticità sociali sono particolarmente complesse: molte famiglie vivono in condizioni economiche di indigenza e le problematiche – forse ancora più profonde che in altri quartieri – sono acuite dal fatto che spesso il contesto difficile – anziché alimentare la solidarietà – accentua l’isolamento e inasprisce le relazioni.
Per queste ragioni, abbiamo fatto in modo che il nostro tradizionale gruppetto di sette partecipanti – tanti quanti i colori della pace – non fosse composto da “amici di collaudata esperienza” già abituati a condividere fra loro le esperienze di studio o di gioco, ma da bambini e da ragazzi che frequentano scuole diverse, che appartengono a “giri” diversi, che giocano in cortili differenti perché a Quarto Oggiaro perfino questo può essere, talvolta, un elemento che non favorisce la conoscenza, considerato che ogni cortile ha una dimensione in sé conchiusa, con consuetudini, regole e territorialità proprie.
In generale, l’estate di quest’anno non sarà ricordata per il sole smagliante e anche il nostro primo giorno di vagabondaggi è iniziato il 25 agosto sotto i cappucci delle felpe e sotto gli ombrelli.
Alla partenza nel minibus regnava un silenzio imbarazzato – e per noi un po’ sconfortante – visini bigi come il cielo, sguardi un po’ sparuti.
Il primo raggio di sole è apparso con le due piccole turiste salite a bordo per ultime a completare il gruppo: Melissa e Sabrina, le sorelline ucraine di sei e dieci anni, si sono presentate con i loro impermeabilini rossi e il cane di peluche che – hanno subito spiegato – “risponde” al nome di Zampa, ma soprattutto con un impareggiabile, contagioso sorriso e con un incontenibile desiderio di vedere e conoscere tutto quel che c’è da scoprire nel mondo che le circonda.
Giunti alla Cascina Bullona nel cuore del Parco del Ticino, meta del nostro primo itinerario, il minibus risuonava già di vocine allegre e, complice una insperata schiarita di bel tempo, all’interno l’atmosfera si era fatta allegra e accogliente. Da quel momento in poi è stata una passeggiata, e non solo nel senso letterale del termine!
La Riserva naturale La Fagiana – con il suo laghetto, gli animali e le essenze del bosco tutti da scoprire – è stata esplorata con gioiosa meticolosità e i sassi piatti sono stati lanciati nell’acqua con una diligenza e una maestria tali da suggerirci di improvvisare lì sui due piedi una gara a chi faceva più rimbalzi.
Poi, mentre si tornava verso casa, già erano state scambiate tutte le coordinate per tenersi in contatto (cortile, portone, numero di cellulare, indirizzo face book e tutto quanto poteva servire per non dover attendere l’indomani per scambiare le foto scattate durante la giornata).
Erano passate le cinque del pomeriggio quando siamo arrivati, eppure prima di riconsegnare i bambini ai rispettivi genitori abbiamo intercettato una frase – «perché non vieni adesso a giocare un po’ da noi?» – che ci ha fatto capire quanto fossimo sulla buona strada.
Il lago del Segrino, prima tappa dell’itinerario del secondo giorno verso il lago di Como, ci ha accolto con un cielo imbronciato, abbiamo percorso nella nebbia la ripida strada che dal Ghisallo scende verso Bellagio, ma a bordo del nostro “pullmanino” Gaja e suo fratello Dira polarizzavano l’attenzione descrivendo con una vena di nostalgia le Isole Mauritius, loro paese d’origine.
Il sole che ci ha accompagnato lungo la riva orientale del Triangolo Lariano ha consentito una passeggiata e un picnic all’aperto e, sulla via del ritorno, risuonava l’immancabile domanda «e domani dove si va?»
Il giorno successivo, una salita impegnativa percorsa in minibus ci ha condotti fino a Brunate, terrazza affacciata sul Lario, che ha offerto splendidi panorami puntualmente immortalati nei display di macchinette fotografiche e cellulari per poterli condividere al ritorno con i genitori, mentre i prati verdissimi, sui quali abbiamo potuto oziare pigramente, hanno sfoggiato il loro campionario di erbe, fiori e animalini da scovare e da osservare: chi ne conosceva i nomi era orgoglioso di dirli agli altri, corredati di informazioni o – in mancanza di queste – di copiose domande che qualche volta – lo confessiamo – ci hanno perfino colti impreparati.
Giovedì, la giornata trascorsa in Svizzera ha costituito un vero successo: la visita al Museo-Fabbrica del Cioccolato a Ponte Tresa ha catalizzato l’interesse – e la golosità! – dei nostri compagni di viaggio.
La velata apprensione che aveva attraversato gli sguardi di alcuni di loro mentre superavamo la frontiera – facendoci riflettere su quanto il vissuto personale di ciascuno e i racconti di amici o parenti che si sono lasciati alle spalle l’esperienza di una sofferta migrazione rimangano impressi nella mente e nel cuore – si è presto stemperata nella scoperta della trasformazione dei frutti del cacao in deliziose tavolette dal profumo inebriante.
E poi i giardini di Lugano, sulla riva del lago, ci hanno avvolto nel loro incanto di fiori, di vegetazione e di eco-sculture all’aperto, tra le quali le più piccoline si rincorrevano spensierate.
La settimana è volata e gli itinerari sono stati vissuti con gioia, con curiosità e con vivace partecipazione.
Abbiamo trascorso l’ultimo giorno – secondo i partecipanti «arrivato troppo presto» – al Piano dei Resinelli, un angolo di paradiso sospeso a mezza quota tra la riva del Lago di Lecco e il gruppo delle Grigne.
La passeggiata nel bosco di faggi e di larici del Parco del Valentino è stata movimentata dalla temporanea acquisizione di un nuovo compagno di viaggio, la cagnolina Trilli che, smarritasi nel bosco, è stata prontamente “adottata” con generoso slancio dalle piccole: Sara, Melissa e Sabrina avevano già contattato al telefono i loro genitori per strappare il consenso alla “accoglienza domestica” e Trilli lasciava fare, beandosi delle coccole e del fatto di essere al centro di tanta affettuosa attenzione.
Nessuno, tranne noi, aveva voluto notare la targhetta appesa al collare – prova inconfutabile dell’esistenza di un legittimo padrone – e per un po’ abbiamo lasciato spazio alle loro fantasie: «io la porterò fuori al mattino, tu alla sera,…… Potrà dormire nella nostra casa ….. La mia nonna ha un po’ paura dei cani, ma secondo me poi si abituerà e le vorrà bene…».
La notizia che Trilli apparteneva al proprietario del ristorante del paese è sopraggiunta come un fulmine a ciel sereno e le nostre rassicuranti considerazioni che, di certo, a casa del suo padrone era ottimamente accudita non sono valse ad alleviare la delusione e il dolore del distacco.
Qualcosa poté soltanto la promessa di tornare l’anno prossimo a trovarla ….
“L’anno prossimo”: pronunciando queste parole, ci accorgiamo che già è tempo di nuovi progetti.
La realtà di Quarto Oggiaro è davanti ai nostri occhi e al centro delle nostre cure: un oceano di bisogni, tante persone le cui condizioni sociali ed economiche richiederebbero interventi che vanno ben oltre le nostre forze, ma, come Angelo ci ha insegnato, tante gocce di solidarietà, seppure piccole, possono fare un mare.
È questo il principio nel quale affonda le proprie radici il grande albero della Solidarietà: possano i suoi rami protendersi rigogliosi sempre più verso l’alto.
Pasquale e Silvia
Milano – Quarto Oggiaro, 30 agosto 2014