Il 24 di Gennaio di quest’anno appena iniziato, nell’aula consiliare del Comune di Monterotondo, si è svolta la cerimonia per l’intitolazione dell’Istituto professionale del centro eretino ad Angelo Frammartino.
Essa è il risultato di una serie di iniziative congiunte dovute all’interessamento e alla collaborazione di diverse istituzioni locali, regionali e nazionali, le quali hanno risposto in modo unitario alla volontà espressa dal dirigente scolastico, dai docenti e dalla scuola tutta attraverso i suoi organi interni.
Non è certo una scelta casuale. Qui vi ha insegnato, dall’inizio alla conclusione della sua carriera (avvenuta due anni orsono), il padre Michelangelo, il quale qui ha trovato, negli amici e colleghi della scuola, nei ragazzi e nel personale tutto, lo spazio propizio e disponibile per portare avanti quello che ha subito ritenuto dovesse al figlio e a se stesso: un’azione costante, ad onta di tutte le difficoltà, le resistenze, i freni burocratici e le idiozie amministrative, che raccogliesse lo spirito di Angelo e ne sviluppasse e prolungasse idealmente nel tempo i convincimenti e le aspirazioni.
Si trattava di trasformare la perdita in un acquisto, in un impegno per sé e per quanti avrebbero sentito di condividerlo.
C’era da edificare su una mancanza lacerante un progetto di continuità con quello che Angelo aveva cominciato spontaneamente a fare: spingersi là dove le differenze apparivano più marcate, dove il divario politico, culturale, ideologico sembrava incolmabile, dove lo scarto tra i bisogni degli uni e gli agi degli altri appariva insanabile.
E portare in quei luoghi, tra quelle persone, segni tangibili di speranza, messaggi non ambigui di varchi possibili, barlumi non artificiosi di gioia e di serenità.
Angelo con la faccia dipinta che scorrazza nei cortili con i piccoli bambini arabi è l’immagine che meglio di altre ci fa cogliere quanto sia stato forte il messaggio che il padre vi ha letto e quanto sia stata forte la spinta per dar vita ad una istituzione, ormai in fase di ultimazione, la Casa della pace, dove quel sorriso ironico e un po’ clownesco possa dispiegarsi e valere per tanti altri giovani ad indicare con quale spirito svolgere azioni di pace senza chiacchiere ma nella piena autenticità dei propri slanci giovanili.
Certo, in questa giornata ha parlato il sindaco, ha parlato l’esperto di diritti umani ma credo che più di ogni altra cosa ha contato la calda anche se non taciturna presenza degli studenti dell’istituto, vivi e vogliosi di esserci e la sommessa presenza dei genitori di Angelo che ci insegnano, con la loro capacità di resistere, a vivere.
Elio Nicolosi