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Resoconto del Convegno di primavera «Semi di Pace nella prima guerra mondiale»

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Non sempre al 21 marzo arrivano le rondini, ormai sono poche anche loro, ma di certo è una grande data perché la durata del giorno e della notte è uguale in ogni punto della Terra: potrebbe essere un’idea per affratellare tutti gli uomini almeno in quel giorno.

                                                                                                                  Mario Rigoni Stern, Stagioni

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Lo scorso 21 marzo, presso il Teatro Ramarini di Monterotondo, ha avuto luogo il Convegno «Semi di Pace nella prima guerra mondiale» promosso dalla Fondazione Angelo Frammartino in collaborazione con gli Istituti di Istruzione Superiore di Monterotondo e con il Patrocinio del Comune di Monterotondo.

L’idea di un “Convegno di Primavera” per celebrare la Pace nell’ambito del centenario della Prima guerra mondiale era nata lo scorso giugno, sotto la pioggia battente e i fulmini di un temporale d’inizio estate: forse l’inconscio desiderio della “quiete dopo la tempesta” o, in realtà, il pensiero costantemente rivolto al cammino di Pace tracciato da Angelo ci avevano condotto a considerare la possibilità di cogliere, anche nell’immane tragedia del conflitto, il fiore multicolore della non violenza.

Il progetto si è andato delineando in seno al Comitato scientifico della Fondazione, sostanziandosi progressivamente fino a raggiungere la linea lungo la quale il mondo accademico e l’universo degli studenti desiderosi di apprendere e di comprendere si sono empaticamente incontrati.

Ha preso così forma la struttura del Convegno: una prima sessione “specialistica”, una seconda parte nella quale i giovani hanno ricostruito una “loro visione” della Grande guerra, quindi un dibattito nel quale le voci si sono intrecciate. In apertura le parole del presidente della Fondazione, Pasquale Galea, il quale sottolineando che la presenza dei genitori di Angelo Frammartino, Silvana e Michelangelo, conferiva al Convegno un profondo significato, ha tracciato il percorso ideale lungo il quale la riflessione sulla Grande guerra e sui fermenti di Pace può condurre alla costruzione di un mondo nel quale il rispetto della vita, della libertà e dei diritti di ciascuno costituisce l’impegno di tutti.

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La logica sottesa all’impostazione del Convegno è stata delineata con sensibile precisione da Mario Beccari, direttore del Comitato scientifico della Fondazione e moderatore della prima sessione, il quale – attraverso le parole di Angelo «andiamo pure in giro per il mondo, ma poi ricordiamoci di guardare anche cosa accade nel nostro quartiere»ha sottolineato l’importanza di mantenere lo sguardo lucidamente rivolto verso i più ampi orizzonti e, nel contempo, attento a cogliere quanto accade intorno a noi.

Nell’ambito della prima sessione, Ruggero Giacomini nel suo intervento su “Il pacifismo e la prima guerra mondiale” ha ripercorso la genesi e la storia travagliata dei primi movimenti pacifisti, precursori in molti aspetti dei più vasti e articolati movimenti di massa per la pace che avrebbero caratterizzato, sia pure in modo discontinuo, la seconda metà del Novecento e il cui attuale affievolirsi ha condotto ad uno smisurato incremento delle spese militari, alla comparsa di nuove forme di guerre coloniali e al dilagare di conflitti “locali” la cui portata e le cui ripercussioni sono troppo spesso sottovalutate.

Ora, come allora, occorre costruire consapevolezze perché «la Verità è una delle prime vittime delle guerre». Se nelle parole di Eric Hobsbawm – «”Pace” significava “gli anni precedenti il 1914”: dopo quella data venne un’epoca che non meritò mai più l’aggettivo di pacifica» – sono le radici del “Secolo breve”, combattere contro la guerra significa conoscerne le drammatiche conseguenze in termini di morte e di distruzione, ma anche il profondo impatto economico-sociale.

In tale prospettiva, la relazione di Pasquale Galea sul tema “Ripercussioni economico-sociali della guerra nel breve e nel lungo periodo” ha tracciato il quadro dei profondi rivolgimenti nei sistemi produttivi e negli equilibri socio-politici dei paesi coinvolti nel primo conflitto mondiale – motore primo di cambiamento e potente acceleratore di alcune tendenze in atto – con una sempre maggiore interdipendenza tra Stato, industria e finanza e con il declino del dominio europeo sullo scenario economico internazionale, nel quale gli Stati Uniti diventeranno il nuovo protagonista.

Parallelamente – all’interno del nostro Paese – l’elevato tributo pagato da ampie fasce della popolazione, sulle quali ricadeva il gravoso onere della guerra, faceva del periodo bellico la camera di incubazione per nuove consapevolezze e per nuove forme di lotta nell’ambito delle problematiche sociali.

Nella sua relazione su “Le masse lavoratrici della provincia di Roma di fronte alla guerra mondiale” Ugo Mancini ha centrato il focus sulle reazioni all’evento bellico delle masse popolari nella provincia di Roma, affrontando la complessa tematica della differente articolazione sociale ed economica del territorio laziale dove «il lavoratore politicizzato dei Castelli Romani fu tendenzialmente pacifista e internazionalista; il medesimo lavoratore, emigrato e poco integrato nella capitale, fu invece portato a vedere nella guerra un’occasione potenzialmente rivoluzionaria. Il lavoratore autoctono, fiducioso di poter un giorno esercitare un mestiere, raramente mostrò simpatia per il conflitto e altri lavoratori, con una coscienza politica non ancora definita, oscillarono tra generiche simpatie patriottiche, concrete preoccupazioni belliche e speranze rivoluzionarie».

Coerentemente con la dimensione di una costante attenzione alla realtà locale e di un profondo radicamento della Fondazione Angelo Frammartino tesa a svilupparsi mantenendo «i piedi nel borgo e la testa nel mondo», la partecipazione di Riccardo Varone, Assessore alla Cultura del Comune di Monterotondo, ha costituito una significativa espressione dei legami che uniscono l’Amministrazione Comunale e la Fondazione, in una sinergica collaborazione e nell’impegno volto a promuovere, soprattutto tra i giovani, i principi e i valori della Pace, della legalità e della giustizia sociale.

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Proprio i giovani sono stati i protagonisti della seconda parte del Convegno, costituita da tre “medaglioni tematici” sviluppati dagli studenti degli Istituti superiori di Monterotondo sotto la guida dei loro insegnanti.

Il primo “medaglione” – Segni di pace: le arti figurative nel tempo della guerrapresentato dal gruppo di ricerca della classe VA Ragioneria dell’Istituto “Piazza della Resistenza” coordinato da Marina Gianantonio e da Flora Di Rienzo è stato articolato lungo tre direttrici parallele, testimonianza della portata dell’evento bellico, la pittura e i disegni di grandi artisti e di “pittori-soldato”, la fotografia e il reportage filmico: tre forme di linguaggio differenti ma parimenti efficaci ed incisive per rappresentare la vastità e l’orrore del conflitto, nella consapevolezza che proprio «questo é il lato peggiore della guerra, che va conosciuta per non farla».

La profondità del coinvolgimento degli allievi si è concretizzata anche nella particolare suggestione dei temi musicali scelti con grande cura per accompagnare le immagini, nella logica che – poiché le emozioni non hanno tempo – l’armonia della sequenza audiovisiva si colloca in una dimensione di sintonia emozionale, prima ancora che in quella della contemporaneità.

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Il secondo “medaglione” – Letteratura e cinema nella prima guerra mondialeè stato presentato dagli studenti della classe V G del Liceo scientifico ”Giuseppe Peano” coordinato da Valentina Ciliberti, nell’ambito di una poliedrica serie di letture dove le parole vibranti di autori quali Beppe Fenoglio, Emilio Lussu, Ernest Hemingway, Erich Maria Remarque si sono alternate ai toni sussurrati e commossi delle lettere scritte dal fronte.

Parole e voci che muovendo dalla poesia di Giuseppe Ungaretti Fratelli – grido di dolore e di rivolta contro gli orrori della guerra – hanno trovato nell’undicesimo articolo della Costituzione italiana «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali […]» e nell’insegnamento di Nelson Mandela «La pace non è un sogno: può diventare realtà; ma per custodirla bisogna essere capaci di sognare» la via che conduce ad un mondo nel quale la guerra, finalmente e definitivamente, appartenga al passato.

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Come ha sottolineato Antonio Sansotta, moderatore della seconda sessione del Convegno, il ruolo attivo dei giovani ha caratterizzato l’evento, rendendolo concreta espressione della necessità – troppo spesso confinata nella dimensione dell’astrattezza – che la Scuola sia motore e essa stessa protagonista per la costruzione di dinamiche virtuose all’interno della società civile. Le immagini più significative raccolte dagli studenti degli Istituti “Peano” e “Piazza della Resistenza” sono state esposte nella Mostra Iconografica allestita nel luminoso Atrio del Teatro Ramarini che ha offerto ai visitatori l’opportunità di approfondire e prolungare la riflessione sul binomio Pace-Guerra, oltre l’arco temporale delle presentazioni.

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Il terzo “medaglione tematico” – Protagoniste sulla scena sociale… vite sospese in ombra: il ruolo delle donne nel primo conflitto mondiale per la grande Pace – è stato affidato al gruppo di ricerca delle classi V A e V D dell’Istituto “Angelo Frammartino” coordinate da Francesca Rossi, dando vita ad una toccante performance teatrale, nel corso della quale le Voci narranti di Alessandra Mosca e delle giovani studentesse hanno rivisitato con profonda emozione le storie e le vicende di silenziose, coraggiose protagoniste, dall’ebrea olandese Etty Hillesum, a Rosa Genoni, alle portatrici carniche, alle fondatrici della Lega Internazionale di Donne per la Pace e la Libertà, prima organizzazione internazionale per la pace fondata da donne, oggi presente in tutti i continenti.

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L’eco commossa delle giovani voci è rimasta a lungo sospesa nella sala del Teatro Ramarini e nel cuore di quanti le hanno ascoltate con attenta partecipazione, trovando consonanza e ideale continuità nel dibattito che, subito dopo, è stato condotto da Umberto Saleri e da Roberto De Miro d’Ajeta, entrambi membri del Comitato scientifico della Fondazione Angelo Frammartino, i quali hanno saputo dissipare l’alone di timidezza che, solitamente, avvolge soprattutto i giovani quando sono chiamati a intervenire.

All’inizio qualche timida domanda, qualche richiesta di approfondimento, poi alcune osservazioni più incisive e, a poco a poco, sono emerse le riflessioni pregnanti, centrate sulla “vera” domanda: «cosa fare perché non ci siano più altre guerre?»

Ora che il Convegno si è concluso e la sala è di nuovo vuota e silenziosa, la risposta aleggia nell’aria e ripensando alle molte persone che in questa intensa mattinata hanno contribuito a sviluppare profonde riflessioni, ai molti studenti che sono confluiti, ciascuno come un petalo portato dal vento a comporre il grande prato di papaveri rossi, sappiamo che anche qui, oggi, i Semi di Pace hanno trovato un terreno fertile e, ci auguriamo, per molte e molte Primavere ancora fioriranno.


Portare la nostra parte di notte –
la nostra parte di aurora –
riempire il nostro spazio di felicità
il nostro spazio di dolore –
Qui una stella, e là una stella,
alcuni si perdono!
Qui una nebbia, e là una nebbia,
infine – il giorno.

 

Emily Dickinson

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Monterotondo, 21 marzo 2015

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