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Solidarietà a Neila e Nadia e alle loro famiglie

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Purtroppo ci scopriamo antirazzisti, solidali e preoccupati dopo che avvengono gli incidenti dopo che le persone diverse subiscono le umiliazioni e le violenze dei prepotenti. Come quanto accaduto a Neila e Nadia, le due sorelle tunisine, oltraggiate e percosse con calci e schiaffi da un gruppetto di giovani ragazzi e ragazze di Monterotondo, o dei dintorni, (aspetto questo insignificante, ma che sicuramente è presente tra chi cerca di allontanare e rimuovere il problema) mentre le due donne con il figlio di Nadia erano sedute ad un bar nel pieno centro della nostra cittadina, nella passeggiata. La loro colpa è di essere diverse, straniere e musulmane, di portare il chador, il foulard islamico che lascia scoperto il volto, un segno di fede come esistono altri segni di fede di altre religioni, consentiti, rispettosi e da rispettare.

Ma non è così e lo sappiamo. Segni ed episodi di intolleranza nei confronti dello straniero e del diverso, purtroppo ce ne sono stati sin troppi nella nostra comunità per ridurre anche questo episodio ad una “ragazzata”. La difficoltà di integrazione che vivono i ragazzi stranieri nelle scuole, accompagnata da comportamenti e prese in giro sul colore della pelle o sul modo di parlare o di mangiare o del vestire, creano barriere comunicative, isolamento e umiliazione tra coetanei che poi, come noto, possono sfociare in episodi di bullismo, violenza, rifiuto e persino di auto-isolamento, fino a compiere gesti estremi, di disperazione.

Il tempo che viviamo è un tempo difficile, sotto un apparente benessere covano insicurezze materiali e di identità, crisi di ideali e perdita di punti di riferimento. La crisi non è solo quella economica ma culturale, politica, sociale ed è nostro dovere leggere con attenzione i segnali che arrivano dalla nostra collettività, dalla famiglia, dalla scuola, dai gruppi di amici, dalle diverse comunità presenti nel nostro territorio.

Nei mesi scorsi, dovendo decidere a quale tema dedicare le iniziative di primavera della Fondazione Angelo Frammartino, scegliemmo il tema dell’integrazione e dei diritti di cittadinanza, pensando alla presenza di cittadini diversi, come i richiedenti asilo, i rifugiati politici, gli immigrati in cerca di lavoro che vivono nel nostro territorio. Una popolazione spesso invisibile che incrociamo nelle nostre attività quotidiane ma che nel migliore dei casi non conosciamo e non frequentiamo. Persone, individui che sono cittadini come noi, con gli stessi diritti universali, che hanno figli e figlie che vanno a scuola con i nostri figlie e figlie, che vanno al lavoro o cercano lavoro dignitoso, ma che spesso trovano solo lavoro in nero, senza diritti. Cittadini che fuggono dal loro paese per una guerra o per la fame o perché oggetto di minaccia, abbandonando quel poco che hanno in cerca di una vita degna e di una nuova comunità di accoglienza. Storie dell’umanità le cui radici si perdono nei secoli, ma che noi, discendenti di emigranti, di rifugiati politici, di viaggiatori sembriamo aver dimenticato.

L’episodio di cui sono state vittime le due donne tunisine ci addolora e ci umilia perché non siamo stati capaci di prevenire l’offesa. Perché non siamo stati in grado di accogliere e di preparare la nostra comunità a rispettare e a convivere.

Esprimendo la più sincera solidarietà con Neila e Nadia, con la comunità tunisina e con tutte le comunità straniere presenti nel nostro territorio, vorremmo poter incontrarci nelle prossime iniziative della Fondazione, per costruire insieme la risposta al razzismo ed alla xenofobia, con l’accoglienza, il rispetto tra diversi e la convivenza per un comune progetto di società giusta, aperta, solidale e tollerante.

Monterotondo, 3 aprile 2012

Fondazione Angelo Frammartino

 

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