Cerca

Cento aquiloni per la pace – Campo estivo 2010

Indice argomenti trattati:

«Ma, insomma, perché non ci prendete una “puma” più grande?»: queste le parole del piccolo, ma pragmatico, Hassan quel mattino di giugno mentre al Villaggio Rom di via Novara, a Milano, stavamo ragionando tutti insieme su come si sarebbe potuto organizzare quest’anno il Campo estivo, ormai alla sua terza edizione, avendo ben presente che il nostro “puma” (pullman) avrebbe potuto ospitare fino a 7 bambini.

Una semplice frase, quella di Hassan, che nella sua grande spontaneità dava voce al nostro stesso sconforto di fronte all’incommensurabile divario tra la capienza massima del pullman  e il numero di quanti avrebbero voluto venire con noi (Tutti! Vale a dire almeno sette volte tanti..!).

Da qui l’idea di «Una settimana, vagabondando per le Terre di Lombardia» con un gruppo, ogni giorno differente, di bambini. L’escamotage non ha certo consentito di risolvere tutti i problemi in quanto ogni mattina, al momento della partenza, gli uni sorridevano felici, sporgendosi acrobaticamente a mezzo busto fuori dai finestrini per salutare gli altri – tanti – che per quel giorno rimanevano a casa delusi. Tuttavia, nell’arco di una settimana siamo riusciti a regalare a molti l’intensa gioia di condividere una esperienza spensierata.

Per la gente che abita il Villaggio questo è un anno particolarmente difficile. All’ormai cronico disagio dell’emarginazione sociale e alle difficoltà del vivere quotidiano – come fare a ripararsi dal gelo d’inverno? come sfamare e vestire i bambini?  dove trovare i soldi per pagare la bolletta della luce? come spiegare al proprio figlio che “lui” non può avere quelle cose che i suoi compagni di classe considerano normali e irrinunciabili? – ora si è aggiunta infatti l’incombente minaccia di chiusura del Campo.

«Hanno detto che ci buttano via….»: la frase stringata, ma eloquente, di Almir sintetizza lo stato d’animo di persone che temono di essere scacciate anche dal ghetto, senza possibilità di trovare né, soprattutto, di mantenere una casa, avviluppate nel circolo vizioso del «come puoi avere una casa se non hai i soldi per pagare l’affitto, perché nessuno ti dà un lavoro se non hai una casa…?».

L’indifferenza e il pregiudizio stanno sempre di più oscurando l’orizzonte della ragione e della solidarietà e proprio per questo assume un significato particolare l’aver potuto assicurare un po’ di serenità ai nostri piccoli Amici. Le giornate si sono susseguite, in una grande e gioiosa armonia, attraverso tante mete che  di volta in volta tenevano conto anche della differente età dei partecipanti che variava dai 5 anni di Alehandre (detto Jo-Jo) ai 15 di Faton. Tra le mete l’Alpe di Lemna, Faggeto Lario, la piscina di Trenno, Milano-Bicocca, Bellagio, Venezia, la Cascina nel Parco del Ticino, la Cava di Pianeta Verde a Sud di Milano. Ovunque, abbiamo incontrato volti che ci sorridevano, gente che ci accoglieva con affettuosa ospitalità, facendo sentire i bambini felicemente a proprio agio, in una gara di generosità che conferiva sempre nuova energia alla nostra speranza che in giro, da qualche parte, ci siano ancora  persone per le quali, come ci dice sempre una delle mamme del Villaggio, Violeta: «il sangue che scorre in tutte le vene ha il medesimo colore».

Possiamo ancora guardare al futuro con fiducia, pensando anche al fatto che due anni fa, all’inizio di questa nostra esperienza, i bambini macedoni e kosovari, condizionati dalle inimicizie trasmesse loro dalle rispettive famiglie, manifestavano grandi difficoltà a giocare insieme. All’inizio, dovevamo tenere separati i due gruppi, prestando la massima attenzione a non dare mai la sensazione di assecondare i desideri degli uni a scapito degli altri eppure sovente, per i motivi più imprevedibili, esplodevano discussioni e litigi. Ora, da tempo, non sentiamo più dire «io con quelli non ci voglio stare: se portate loro non veniamo noi». Noi stessi quasi facciamo fatica a ricordare chi di loro appartiene ad un gruppo e chi all’altro.

Quest’anno qualche famiglia kosovara si è trasferita ad abitare presso la comunità macedone, un segno che il dialogo lentamente prende avvio e che le differenze da ostacolo possono divenire ragione di confronto e di scambio reciproco. Una ulteriore conferma del fatto che le molte strade sulle quali, insieme, “vagabondiamo” fanno tutte parte del bellissimo cammino che Angelo ci ha indicato.

 

Se ti è piaciuto l'articolo condividilo
Articoli correlati